SINDACATI – scarsa presenza

 

LA SCARSA PRESENZA SINDACALE
(argomento correlato al cap. 1 del Manifesto dei Musicisti)

sindacati

La scarsa presenza sindacale è essenzialmente dovuta al sommerso.
Niente posto fisso (niente trattenute) = inefficienza sindacale.

Nel settore lavorativo dei musicisti non riconducibili a “busta paga” (cioè la quasi totalità), la presenza sindacale è pressoché inesistente. Sarebbe troppo semplice attribuirne la causa ai musicisti stessi, in verità è proprio il settore che ha delle peculiarità che rendono molto difficile costituire associazioni sindacali.
Eccone almeno due:

  • Il “sommerso dilagante” che vanifica ogni tentativo di sottoscrizione (economica) per sostenere le inevitabili spese organizzative.

Infatti: come si fa a fare “iscritti” tra lavoratori “in nero”, lavoratori “invisibili” agli enti di pertinenza, lavoratori non iscrivibili ad alcun registro per il semplice fatto che il “registro”… non c’è ?!?

  • La scarsa coesione tra gli artisti stessi. Anche questa non è una colpa, ma una conseguenza del mestiere: è “fisiologica”.

Ampie analisi di questi fenomeni sono esaminabili nei sottocapitoli: L’INDIVIDUALISMO E LE STERILI RIVALITA’CONTRAPPOSIZIONI STORICHE TRA I MUSICISTI STESSI.

IL CIRCOLO VIZIOSO

circolo-vizioso

Per uscire dal sommerso occorrono riforme radicali,
per ottenere le riforme occorre un sindacato autorevole,
finché si è nel sommerso non ci si iscrive ai sindacati !?!

Per amore di verità va detto che, nelle delle grandi confederazioni sindacali, gli artisti sono sempre stati previsti, ma sono in genere solo quelli regolarmente inquadrabili “a busta paga”, cioè una minima percentuale rispetto agli invisibili “intermittenti” (o saltuari, che dir si voglia).
In sostanza, i pochi iscritti ai grandi sindacati confederali sono quelli “a tempo pieno” nelle Fondazioni liriche e poco più.
Forse un po’ di più tra gli attori.

Va da se, che l’irrilevanza numerica è tale che nelle grandi confederazioni sindacali, gli artisti sono inglobati in federazioni generiche della comunicazione, cioè “accorpati” ai lavoratori della carta stampata, delle telecomunicazioni e addirittura parificati ai poligrafici dello Stato.
Unica eccezione e per pochi anni è stato il SIAM, Sindacato Italiano Artisti della Musica (ai tempi, sostenuto dalla CGIL).
Ma, sempre per carenza di iscritti (…il circolo vizioso), il SIAM dopo pochi anni fu sciolto e i pochi iscritti superstiti furono invitati a confluire nel CGIL/SLC (Sindacato Lavoratori della Comunicazione).
Una spiacevole resa su cui occorrerebbe meditare a fondo.


OCCORRE UN SINDACATO ATIPICO

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Altro problema non di poco conto risiede nel concetto stesso di “sindacato”.

Per definizione, una associazione sindacale ha il compito di tutelare gli interessi “economici” della categoria che rappresenta, ma il nostro settore non è formato solo da soggetti che hanno interessi economici, ma anche e soprattutto da tantissimi che lavoratori dello spettacolo non sono. Musicisti che perseguono solo interessi artistici o addirittura solo quello di divertirsi con la pratica dell’arte della musica: gli amatoriali, gli “hobbysti”.

Purtroppo, però, proprio tra gli amatoriali si annidano tanti musicisti scorretti che non si fanno scrupoli a fare incetta di occasioni di lavoro, abbassando i costi o proponendosi gratuitamente. La conseguenza è che nell’immaginario comune dei musicisti professionisti (specie nel settore da ballo), la figura del musicista amatoriale viene vista troppo spesso con quella del concorrente sleale e questo triste fenomeno (talvolta solo un equivoco) crea inevitabile astio e contribuisce non poco alla mancanza di coesione.

Non c’è altra soluzione che una  opportuna regolamentazione del dilettantismo al fine di arginare la concorrenza sleale e ad un tempo riconoscere che il dilettantismo, quello sano, quello genuino è un diritto sancito dalla Costituzione, ed inoltre è un percorso obbligato verso la cultura della musica. Quale musicista professionista non ha fatto i primi passi da dilettante ?!?

E inoltre: Cosa sarebbe delle scuole di musica se non ci fossero allievi che aspirano solo a divertirsi con la musica?
Si dovrebbe insegnare musica solo a coloro che si prepongono di fare i musicisti professionisti?
Sarebbe come incentivare una produzione di musicisti candidati alla disoccupazione, giacché n
el nostro paese non mancano certo i musicisti professionisti, ma manca il pubblico e persiste una conoscenza musicale di base assolutamente carente.
Come dire che le scuole di musica dovrebbero essere principalmente orientate alla creazione di piccole band amatoriali, di bande musicali, 
di corali, ecc., … ma il fine deve essere la cultura.
Se poi, tra i tanti, i migliori vorranno avviarsi consapevolmente alla professione è una questione che non riguarda l’urgenza di riforme. 

E ancora: cosa sarebbe del mercato degli strumenti musicali senza i dilettanti?
I negozi musicali si reggono non certo con i professionisti della musica. Sono clienti numericamente irrilevanti.
La maggioranza dei clienti sono i dilettanti, anzi, sono proprio quelli con doppio lavoro che possono permettersi di spendere per questo o quello strumento musicale di alto costo.

Di conseguenza, ci sono delle buone ragioni per ritenere che un buon un sindacato del nostro settore non possa essere di tipo tradizionale. Le nostre azioni sindacali non possono essere gli scioperi, le vertenze, etc., ma la lotta per le riforme legislative e soprattutto per la semplificazione burocratica.

Su questi principi è stato fondato SOS MUSICISTI, come sodalizio nazionale non in forma di sindacato tradizionale, ma in quella di LIBERA ASSOCIAZIONE PARASINDACALE.
Ci siamo riusciti e ci avviamo ad essere il più conosciuto para-sindacato sull’intero territorio nazionale!

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